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"I no non erano ammessi. Io sarò stata la sua "Crudelia", ma in realtà il vero mostro è lui."



"Sono stata vittima di violenza psicologica e fisica nel marzo 2021."


Sarei poco onesta con me stessa e con chi leggerà questo articolo a minimizzare tutto ciò che è successo nell’arco di un mese. I primi episodi si sono verificati dopo il primo anno di relazione, definita da tutti i miei amici tossica.


Non potevo truccarmi o “perdere tempo” a prendermi cura di me stessa perché per lui era uno spreco di tempo e ciò lo faceva molto indisporre in più occasioni e mi aveva detto quanto fossi fuori luogo anche se indossassi un semplice vestitino. Più volte aveva colpito un mio punto debole, ovvero il fisico: diceva infatti che non avessi il fisico adatto per indossare determinati indumenti e che fossi grassa, nonostante io pesassi 57 chili.

Il momento di massima tensione fu a casa dei suoi genitori: quando ogni mia parola veniva da lui ritenuta superflua o fuori luogo, anche se si stesse parlando di banalità come i miei gusti riguardanti un film o un libro o magari anche cosa mi piacesse fare. Da sotto il tavolo ricevevo segni di ammonimento come: pedate o le sue mani che mi stringevano la coscia in segno di disapprovazione e occhiatacce. Ero infatti arrivata al punto di tacere o parlare se i suoi genitori mi ponessero una domanda: tutto ciò per evitare rimproveri e discussioni che duravano per giorni.


Quando entrambi iniziammo l’università, partimmo (poiché studiavamo al nord e in due città diverse). Mi lasciò nei primi giorni di ottobre poiché secondo lui ero costantemente di malumore e poco produttiva. In quel mese di libertà apprezzai tutto ciò che mi era mancato, avevo ricominciato a vivere la vita a colori, ma lui ripiombò nella mia vita a distanza di due settimane dal mio compleanno facendosi trovare sotto casa mia.

Iniziò ad urlarmi contro di aprigli la porta scatenando ovviamente l’indignazione di tutti i miei vicini di casa che non riuscivano a capire come avessi potuto nuovamente perdonarlo.


La settimana seguente presi il treno per raggiungerlo: avevo mollato tutto e portai pochissimi indumenti pensando di rimanere da lui soltanto per 4 giorni.


Non andò così.. durante tutto il periodo trascorso a casa sua fui costantemente presa in giro di fronte i suoi coinquilini e se non mi andava di fare qualcosa, iniziava un vero e proprio incubo. Gridava, noncurante del coinquilino che rimase allibito dalle sue parole, le cui più sobrie e all’ordine del giorno furono: “Puttana, Troia da due soldi, fai schifo, sei una fallita”.

Tutto successe dopo una banale discussione per il cibo e mi diede uno schiaffo in pieno viso, lasciandomi il segno, mi fece fare le valige e mi cacciò fuori di casa sua lasciandomi da sola con due valige in una città che a malapena conoscevo.


Mi chiamò dopo mezz’ora piangendo e chiedendomi scusa, ma come una stupida ci ricascai.

Non sapevo che sarebbe andato tutto solo a peggiorare e che fui in tempo per scappare definitivamente. Durante il periodo delle festività scesi per tornare a casa con lui e le offese ovviamente non erano mai mancate.


A San Valentino ci fu una lite interminabile poiché non aveva gradito la mia reazione per il suo regalo dicendomi che ero un ingrata ed era tutto scontato per me. Ma dopo la morte di un suo parente tutto degenerò.

Era costantemente nervoso e si sfogava con me per qualunque cosa. Dove seppi fare tutto ciò che volle lui, come volle lui. I no non erano ammessi. Più volte gli dissi di non voler andare con lui a letto, ma mi ritrovai impotente e tutto venne giustificato da lui con queste parole: “Tu non sai cosa sto passando, dovresti farmi stare bene e invece non fai altro che stare ferma, non sei utile a nulla. Sembri una morta.” Tutto questo mi veniva costantemente urlato contro quando io volevo solo essere lasciata andare per tornare a casa mia. Fu un no detto per la prima volta da me con un tono da lui ritenuto agghiacciante a far degenerare tutto.

Mi prese e con tutta la sua forza mi fece cadere giù dalle scale, era stato tutto così veloce e l’unica cosa che ben mi ricordo è il sapore ferroso del sangue in bocca.


Gridava forte per la scala di casa mia e nessuno aveva avuto la premura di uscire e guardare cosa stesse succedendo nel pianerottolo di casa. Gridavo forte, cercavo di scappare ma mi raggiungeva e mi dava morsi o mi faceva nuovamente inciampare.


Quando capì che aveva davvero esagerato scappò prendendo l’ascensore e mi ritrovai a dovermi trascinare fino a casa a gattoni per il dolore.

Non gli bastò la violenza sessuale, voleva eliminarmi dalla faccia della terra. Gli mandai un ultimo messaggio in cui dissi che i miei erano finalmente stati avvisati dell’accaduto e che non doveva mai più disturbarmi.


Nei giorni successivi fece alcuni appostamenti sotto casa mia, ma fortunatamente i miei amici mi avevano prontamente circondata e si preoccupavano di tenermi al sicuro.


Le cicatrici sono quasi tutte andate via, l’unica cosa che è rimasta inesorabilmente aperta è ancora la profonda cicatrice che mi ha lacerato il cuore. Ero così presa a cercare in quei due anni il mostro dentro l’armadio e non mi ero resa conto che in realtà stava a due passi da me e che mi diceva che tutto quello che stavo vivendo fosse normale e che fossi io ad ingigantire le cose e farlo passare per un mostro.


Io sarò stata la sua “Crudelia”, ma in realtà il vero mostro è lui.




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