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PAURA E DISGUSTO A LAS VEGAS

"Chi fa di se stesso una bestia si sbarazza della pena di essere un uomo.": così inizia il romanzo di cui tra poco andremo a parlare.


Probabilmente una persona, leggendola, potrebbe domandarsi qual è il suo significato e a quale contesto essa appartiene. Questa è una citazione di uno scrittore inglese del Settecento chiamato: Samuel Johnson. Johnson è considerato la figura più importante per quanto concerne il gusto letterario della Londra dell'epoca. Oltre a essere l'autore del Dizionario della lingua inglese, considerato uno dei dizionari più stimati della lingua anglosassone, risponde alla domanda di una signora che gli chiedeva perché un uomo fa di se stesso una bestia, ubriacandosi.


Aggiungiamo un'ultima espressione prima di addentrarci nelle viscere di questa avventura, così da avere un'informazione in più; il sottotitolo del libro recita: "Una selvaggia cavalcata nel cuore del sogno americano.", il quale, unito al titolo, ci dà un'idea dell'ambientazione, del tema principale e, forse, anche della conclusione del romanzo.


Per riassumere tutto, dal sottotitolo e dalla frase menzionata prima ancora di leggere il libro, esso ci comunica che:

(1) sono presenti eccessi che tramutano uomini in belve,

(2) siamo a Las Vegas;

(3) stiamo cercando il Sogno Americano.


Ultima menzione, per correttezza, è il nome dell'autore: tale Hunter S. Thompson, giornalista e scrittore americano attivo nella seconda metà del Novecento e nei primi anni del Duemila, inventore dello stile gonzo journalism (che si può tradurre con 'giornalismo stravagante' o 'giornalismo bizzarro'). Uno stile in cui il giornalista assume un punto di vista soggettivo, a volte diventando un protagonista diretto degli avvenimenti, facendo assomigliare gli articoli scritti a veri e propri racconti o romanzi.

L'introduzione è frenetica: "Eravamo dalle parti di Barstow al limite del deserto quando le droghe cominciarono a fare effetto."


Ci troviamo nel 1971 e il romanzo racconta di questi due uomini, un giornalista chiamato Raoul Duke e il suo avvocato Dottor Gonzo, inviati a Las Vegas per seguire due eventi importanti, uno successivo all'altro: la gara di motociclette chiamata Mint 400 e, di seguito, la conferenza di polizia su Sostanze e Droghe Psicotrope. Tuttavia, il vero motivo per cui accettano questo incarico è trovare il famoso Sogno Americano, per viverlo nel migliore dei modi possibile.


Inutile dire, quindi, che il nostro giornalista non scriverà mai i suoi due articoli, preferendo passare le giornate tra giri in macchina, visite ai casinò/bar e nostalgia degli anni '60. Il tutto mentre i nostri due eroi sono sbronzi o fatti (o, molto spesso, entrambi), alterando numerosi momenti di follia e paranoia a lampi di riflessione e critica sociale.


Lo stile è schietto, molto diretto e non si fa problemi a mostrarsi crudo, utilizzando un linguaggio volgare e scurrile nella maniera più esagerata. Persino inventando offese, commenti e molte invocazioni a Dio ("Merda sciolta di Gesù!") o dipingendo situazioni e immagini in un modo assurdo (le droghe all'inizio vengono riferite al lettore come se stesse leggendo una comune lista della spesa).


Ora descrivendo la città di Las Vegas, ora soffermandosi brevemente sulla politica americana dell'epoca; è decisamente un tipo di scrittura non facile da digerire. Tra le tante cose, sa regalare molte risate, oltre che un quadro generale della società americana di inizio anni '70 e dell'americano medio (oggi verrebbe considerato come qualcosa di politicamente scorretto).


La narrazione è condita da molte citazioni, riferite a celebrità famose (Frank Sinatra e Bob Hope), atleti (Muhammad Ali, Vida Blue e Sonny Liston), politici (Nixon in particolare), moto (Harley-Davidson, Husqvarna e Yamaha), droghe e cocktail (fornendo un ritratto dei loro effetti e della condizione in cui assumerli) e auto (Chevrolet e Cadillac principalmente). Inoltre è intervallata da diverse canzoni, che aiutano a rendere più appetibile una storia del genere, passando dai Rolling Stones a Bob Dylan, fino ai Jefferson Airplanes.


Oltre a questi momenti di rilievo culturale, sono presenti diversi momenti riflessivi, espressi sia in modo diretto sia in modo indiretto. Non faticherete a trovare il capitolo (tra i 25 presenti) nel quale viene raccontato il momento in cui la riflessione raggiunge il culmine, il suo momento più bello all'interno di tutto il romanzo. Un eco forte, ma che piano piano si affievolisce sempre di più, fino a scomparire (se vogliamo, possiamo dire che lì risiede il nucleo di tutta la storia). Inoltre, alla fine di questo viaggio sballato, ti trovi a pensare se Las Vegas, descritta così, fosse solo un'orrenda allucinazione indotta dalle droghe o una verità marcia alle radici e alle fondamenta.


Durante il corso dell'avventura questo dubbio viene mostrato diverse volte e il lettore è diverse volte in bilico tra queste due bilance, vuoi per la lontananza nel tempo, vuoi per la realtà filtrata, non sempre è chiaro stabilirlo.

Vale la pena menzionare il film Paura e delirio a Las Vegas, diretto da Terry Gilliam, con protagonisti Johnny Depp, nella parte di Raoul Duke, e Benicio Del Toro, nella parte del Dottor Gonzo, la quale è un'ottima trasposizione libro-film e, nonostante qualche differenza, non cambia per nulla il tono del libro.


Spero che questa specie di recensione vi sia piaciuta e che vi abbia intrattenuto quanto basta; per concludere, vi lascio con una citazione del romanzo:


"La Storia è difficile da conoscere, per via di tutte le stronzate che ci aggiungono, ma anche senza essere sicuri di cosa dice la Storia pare del tutto ragionevole pensare che ogni tanto l'energia di un'intera generazione si concentri in un lungo bellissimo lampo, per ragioni che sul momento nessuno capisce - e che mai spigheranno, retrospettivamente, ciò che è veramente accaduto".



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